Secondo la donna, infatti, le scappatelle dell’uomo dovevano condurre a limitare il rapporto con i figli, ma per il tribunale non sussistono ragioni per derogare alla regola dell’affidamento condiviso. Non è sostenibile, infatti, ha affermato il giudice meneghino che “un marito eventualmente fedifrago sia consequenzialmente un padre inadatto: la violazione degli obblighi nascenti dal matrimonio è certamente sanzionabile con l’addebito e finanche con l’azione risarcitoria; ma non giustifica affatto un affido monogenitoriale o una limitazione del diritto di visita del padre”, il quale potrebbe trovare giustificazione soltanto laddove la frequentazione fosse lesiva del preminente interesse dei minori.
E non solo. La madre che usa l’infedeltà del marito quale mezzo per condizionare il rapporto genitoriale tra padre e figli pone in essere “una condotta scorretta e come tale valutabile anche ai fini degli artt. 337-quater c.c. e 709-ter c.p.c.”.
Per cui, le istanze della moglie vanno rigettate in toto.
Ma attenzione. Il tribunale milanese ne approfitta per lanciare un monito rivolto, nel caso di specie, al padre, ma valevole in generale: nell’imminenza della separazione è bene che i genitori, in presenza di nuovi partner, dedichino “ai figli dei tempi esclusivi, gradualmente introducendo le figure affettive nella loro vita, altrimenti essendo possibile, se non probabile, che essi possano associare proprio a queste terze figure la fine del matrimonio e quindi iniziare a maturare rancori o risentimento verso il genitore”. Un invito alla prudenza, dunque, che va aldilà del diritto o della psicologia, per il quale, ha concluso il giudice, “è sufficiente il buon senso”.
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