Secondo il supremo giudice amministrativo non occorre chiedere alcun “Nulla osta” alle amministrazioni locali – si legge nella sentenza – per “strutture di arredo, installate su pareti esterne dell’unità immobiliare ad esclusivo servizio, costituite da strutture leggere e amovibili, caratterizzate da elementi in metallo o in legno di esigua sezione, coperte da telo anche retrattile, stuoie in canna o bambù o materiale in pellicola trasparente, prive di opere murarie e di pareti chiuse di qualsiasi genere, costituite da elementi leggeri, assemblati tra loro, tali da rendere possibile la loro rimozione previo smontaggio e non demolizione – dal momento che queste opere – non configurano né un aumento del volume e della superficie coperta, né la creazione o modificazione di un organismo edilizio, né l’alterazione del prospetto o della sagoma dell’edificio cui è connessa, in ragione della sua inidoneità a modificare la destinazione d’uso degli spazi esterni interessati, della sua facile e completa rimovibilità, dell’assenza di tamponature verticali”.
Ma non bisogna farsi prendere da facili scorciatoie. Infatti non sempre è così, le dimensioni contano secondo i giudici amministrativi: da un lato, il Consiglio di Stato con la sentenza n. 4997/2013 ha stabilito che la costruzione di una pensilina di 50 metri quadrati di superficie, un’altezza di 4,5 metri e uno spessore di 0,7 m è un’opera che richiede il rilascio del permesso di costruire, anche a causa delle rilevanti dimensioni.
Sulla stessa opera (una pensilina) ma di dimensioni assai più ridotte (solo 5,5 metri quadrati), il Tribunale amministrativo del Lazio con la sentenza n. 760/2013 ha deciso diversamente.
Per i giudici amministrativi della sezione di Latina del TAR, infatti, “una pensilina a sbalzo con superficie complessiva di 5,50 mq bullonata alla parete del fabbricato esistente con copertura in legno e sovrastante manto di coppi e canali appare riconducibile agli «elementi di arredo delle aree pertinenziali degli edifici» di cui all’art. 6, comma 2, lett. e) del DPR n. 380/2001” con la conseguenza che per la relativa realizzazione è necessaria previa comunicazione di inizio lavori e non il permesso di costruire.
Sebbene le opere precarie di regola non necessitano di alcun permesso di costruire è bene chiarire che se la precarietà dovesse, comunque, comportare un aumento dell’abitabilità sarà necessario, a prescindere dalla sua amovibilità, il permesso di costruire.
In verità infatti le tettoie e le pensiline non sono qualificate dalla più costante giurisprudenza amministrativa come opere provvisorie come invece lo sono i pergolati che essendo costituiti da una struttura aperta sia nei lati esterni che nella parte superiore sono destinati solitamente alla produzione di ombra e non all’aumento dell’abitabilità, trattandosi di semplice intervento di arredo esterno con la funzione di riparo e protezione, rientrante quindi nell’attività di edilizia libera.
Dunque la precarietà di un intervento edilizio deve essere valutata in riferimento alle esigenze e all’utilità che la struttura è destinata a soddisfare, a prescindere dai suoi connotati e dai materiali utilizzati e dalla minore o maggiore amovibilità delle opere.
Tra l’altro, è costante la giurisprudenza nel ritenere che produce trasformazione urbanistica ogni intervento che alteri in maniera rilevante e duratura lo stato del territorio, a prescindere da qualsiasi valutazione sulla precarietà strutturale e sull’amovibilità; sebbene, non è inutile sottolineare che qualora si dovesse trattare di un uso temporaneo e specifico potrebbe anche non occorrere il permesso di costruire.
Non bisogna pertanto farsi prendere la mano da soluzioni approssimative ma bisogna fare attenzione a caso per caso sopratutto perché ci si deve ricordare che l’abuso edilizio è un reato penale.
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